Penne d’oca (Lithos 2015), prefazione di Francesco Muzzioli



Ahi mio folle ardire inver remote piagge 
Che furo erma requie alla mia virginea 
Speme! Quando anco la campana antica 
Ristorava dal suo gravoso giorno ed io, 
novello Cesare di perduti lustri, 
d’arme vestuto, solevo giacer 
ruggendo, guerriero ancora 
d’una solenne vittoria nefasta; 
al calar del selenico orbe 
a sognare l’elmo perduto anticamente, 
nell’immenso reticolo galattico senza tempo. 









Candida, tu vorresti redire ora
A molcere gli amari anfratti della 
Debole mia fievole vita che
Ognor flebile va sopendosi tra 
Mestamente dolci pensieri, già
Colmi di liete antiche speranze? 
Sovvenendomi ancora i tuoi timidi 
Gesti che sfioro e colgo con la mente 
Vorrei perciò nutrire il fiore e i limpidi 
Petali che crescono nell’orto
Della passata morbida freschezza. 
Quando eternamente credeva io
I segreti sospiri, giovinezza
Di futuri ricordi, potessero
In etterno adombrare l’arsure folli 
Che tu, magica ninfa de’ remoti 
Giorni miei, incendiavi soavemente 
Nel mio petto. Già tornando a quei
Dì sinceri, con candida illusione, 
ch’or paion sì lontani come rondini
in cielo, m’appaiono senza fine 
leggiadri, più di questa primavera 
dolcissima, che pur senza te pare
non potere sbocciare a rivelare
il mistero che un fiore delicato 
contiene. 



ESTRATTI

RECENSIONI

Prefazione di Francesco Muzzioli: Guardare indietro, con la passione del presente

Che l’avanguardia possa contemplare, a volte, invece del “guardare avanti” la direzione opposta, quella del “guardare indietro”, è fenomeno paradossale, tuttavia già verificatosi. Si pensi al linguaggio iperretorico di Manganelli, all’interno del Gruppo 63. […] Nel giovane Antonio Sanges avviene qualcosa di simile, ma anche di molto diverso. Certo, ad apertura di pagina, ci sentiamo trasportati indietro nel tempo, esattaente al tepo della “penna d’oca”, con l’impressione di sentir parlare in versi Foscolo o Leopardi. Tuttavia, anche questo immediatamente, ci si accorge di una cosa; che, se il lessico è d’antan, non lo è invece mica tanto la metrica […]. Il suo [di Sanges] “guardare indietro è osso proprio dalla passione del presente e dalla constatazione di ciò che, nel nostro oggi sempre più problematico e nero, risulta bloccato e ipedito. contro le facili identità messe in vetrina nei social network, vale da contraltare l’”io solitario” di Sanges e la sua esperienza del vuoto e del deserto, detta con parole obliterate.