Distensione del destino (Ensemble 2025)

ESTRATTI

La chiarezza del mare 

Ascolta: ancora l’onda
non è tiepida abbastanza
per distruggere l’indifferenza
del mondo.
È troppo guardinga e sospettosa
per convincere l’uomo
che non è questa l’altissima sorte: 
cellule, materia, morte.
Ma guarda l’orizzonte
meridiano al fiorire pullulante
della luce, dell’alba dietro al monte. 
E guarda ancora la barchetta placida 
sconvolta nella sua bella andatura
da un’onda più inquieta, più matura. 
E guarda sotto alla superficie
quello che non si può guardare:
 l’abisso del mare.
E immagina
quello che non si può immaginare:
il mito, il Mediterraneo,
amare il mare. 

È un giorno chiaro e superficiale: 
guarda la profonda essenza del mare. 

Congedo 

È tempo di ricomporsi. 
Troppo dolore ottunde. 
Troppa passione devasta. 
Troppo sentire è banale. 
Incamminiamoci festanti 
sulla via del crepuscolo. 
Troppo abbiamo sofferto. 
Troppo abbiamo vissuto. 
Troppo abbiamo sentito. 

E se un giorno
dal nuovo mondo
qualcuno mi ascolterà
non potrà sentire
ciò che io ho sentito perché
io sono un graeculo nell’impero 
romano
io sono l’ultimo ciarlatano
io sono l’ultimo essere umano 
io vedo chiaramente
io vedo l’avvenire
io vedo il barbaro
alle porte
io vedo sprofondare
nell’oblio
fato, mito e morte.
Ci si agita per niente
ma è nel nostro sangue. 

Finalmente
un giorno in Occidente 
un passante ascolterà
il canto delle Muse
e l’Alleluia nelle Chiese. 
Non potrà capire perché abbiamo lottato.
Non potrà sapere
che cosa abbiamo perduto. 

Ma disperare non è dato. 
Lottiamo.
È il nostro fato. 



RECENSIONI

Prefazione di Silvio Raffo

La nuova silloge di Antonio Sanges può essere considerata un ininterrotto dialogare di un’anima esigente e inquieta con il fantasma di una Natura arida e avara e con ambigue divinità più beffarde che benevole. Poesia di teologia negativa, di “barlumi” montaliani, di “parole celate” che, se si palesano, è solo per confondere ulteriormente. L’esplorazione è cauta, le soste su baratri e abissi non concedono ristoro. Le stagioni hanno un ruolo primario, ma su tutte sembra inizialmente prevalere il côté invernale. Le gocce di pioggia sono le “lacrime degli dèi”, entità enigmatiche che giocano a nascondino presiedendo a una sorta di rappresentazione farsesca di cui forse anch’essi igno- rano il senso.

Sia la natura che i suoi dèi piangenti sembrano o danno l’illusione di essere sempre sul punto di svelare “la maglia rotta nella rete” per dischiudere il varco alla soluzione di un arcano “a portata di mano”; in realtà la natura resta un enigma senza soluzione e gli dèi “figure di second’ordine”; allo sguardo ottenebrato si dispiegano insomma solo “mucchi di niente”. Anche la dimensione umana in senso lato perde con- sistenza («Mai come ora ho diffidato / dell’esatta consisten- za /della mia natura umana») e viene screditata di ogni po- tere da uno “sguardo ottuso”.[…]

Poetrydream, 25 agosto 2025

Recensione di Marco Tabellione

Antonio Sanges: "Distensione del destino" . Ed. Ensemble 2025 - pag. 76 - € 13,00
Comincia con un progressivo trio poetico, "Inverno", "Inferno" e "Interno" il nuovo libro di Antonio Sanges, tre poesie che danno vita immediatamente ad un'immersione nelle follie contemporanee, in spazi angusti da un lato, e dall'altro paesaggi che si spalancano alla libertà, al respiro. A volte questa opposizione non è espressa apertamente, è lasciata intuire dietro descrizioni apparentemente neutre. Il mondo poetico di Sanges è fatto di natura, paesaggi, luoghi e oggetti non umani, di un mondo imperdibile, dal quale però il poeta ricava la chiave di un dissidio, di un contrasto, o meglio ancora di una separazione drammatica, quella fra la natura e l'umano.
La natura è per il poeta luogo di un mistero che però non parla, tanto che sembra il poeta parlare al posto suo; non per niente Sanges alterna simbologie riferite all'ambiente naturale con riflessioni metanarrative sulla parola. In molte liriche è possibile cogliere anche la posizione e l'ottica che il poeta Sanges sceglie per sé e per la sua opera rispetto alla civiltà contemporanea e anche rispetto alla tradizione. […]

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Diacritica, trimestrale indipendente di letteratura, fascicolo 56.

Recensione di Marino Alberto Balducci


In Polonia, dove mi trovo, ho letto il libro di Sanges. La sua poesia mi convince e dunque mi porta a esprimere un personale punto di vista sulla complessità e sulla sincerità che la contraddistinguono. Sono rimasto colpito anche da quel valore di coincidentia oppositorum indicato da Silvio Raffo nella sua prefazione, inaugurando sapientemente il testo che segue e mettendone in luce il contrasto risolutivo fra disperazione, sgomento e sorprendente speranza immotivata.
Nella raccolta di componimenti di varia lunghezza appaiono, infatti, inverno ed estate al contempo, fra suggestioni che mostrano il nord dei ghiacciai, le nevi, e un Meridione fecondo che è terra abbondante di solarità. Poi è Montale che sorprende, con quella dedica che apre il libro: A Celia, fatalmente. Forse è un mio abbaglio, quel nome indica solo una persona determinata cara all’autore… comunque, la femme fatale mi è sembrata darmi una chiave interpretativa che ho seguito, una volta ultimata la lettura di tutte le liriche. Celia la filippina è quella che da lontano, da Oriente, vuole notizie al telefono di una donna che è morta (cioè “Mosca”, la moglie del poeta, lo stesso Montale) e che poi imbarazzata, intuendone la dolorosa scomparsa, riaggancia di scatto. Davvero il libro di Sanges cerca un contatto col mondo ormai morto, a cui il poeta appartiene, e che soffre per un silenzio assordante. Il libro, infatti, si apre col freddo inverno e l’inferno, di cui è diretta metafora; una realtà di esilio che è dolorosa e infeconda, senza speranza di trascendimento e di un ritorno alle stelle orientanti, rassicuranti. Tutto è una «strage dei fiori» (p. 15), in questo raggelamento. E non ci sono risposte da Dio o da parte degli altri dèi (i pagani), dall’uomo, dal mondo che lo circonda. Così il poeta non sa cosa dire, ma parla, parla comunque. Scrive e continua un viaggio, fra desolazione. Il suo discorso rivela chiarezza immediata e semplicità che nasconde tesori: riferimenti a concetti filosofici, sintetizzati in immagini emozionali.
L’autore è studioso di Beckett e nelle sue pubblicazioni critiche segue una linea ermeneutica intrisa di lucidi riferimenti al pensiero di Nietzsche tragico e dionisiaco, alla perdita spirituale di Heidegger, alla tentazione di esistere in Cioran, al misticismo ineffabile e fattuale di Wittgenstein. […]

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Neobar

Recensione di Iolanda La Carrubba

Sospesi tra le stagioni di un tempo introspettivo, senza artifici retorici, scorrono i giorni ritmati su un andare e venire di intime malinconie ritrovate nella potenza della Natura – Madre – Terra che diventa luogo del disincanto. Un sentiero nuovo si traccia nel linguaggio certo, erudito attraverso la costante ricerca di esili verità che superano le apparenze e si fanno verso. […]

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L’ombra delle parole Rivista Letteraria Internazionale

La poesia di Sanges si colloca in una posizione liminare: non più pura elegia, ma nemmeno pienamente evento postmoderno della storialità; non più chiusura diaristica, ma nemmeno frammentazione plurilingue. È una poesia che ha contezza nel potere del canto, pur dimidiandone l’enfasi (“evitiamo il fracasso languido del canto”), che cerca un equilibrio tra la memoria del passato e la possibilità di un futuro comune.

In questo senso, Distensione del destino è una scrittura di resistenza e di esistenza: resistenza alla dissoluzione della poesia in cronaca privata, resistenza alla frammentazione del linguaggio, ed esistenza nel mondo che si incammina verso la storialità. È una poesia che conserva per poter tramandare, che custodisce per poter distendere, e che affida alla parola pur sempre il compito di testimoniare, anche quando la parola appare logora, anche quando il canto sembra disutile, superfluo, decorativo.

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INTERVISTE

Intervista completa con Fabio Sebastiani, per Transitiamumani

Intervista di Giorgio Galli, su Il Detonatore Magazine (pp. 88-102)

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